Il quartiere fortunato
opera in un atto
su libretto di Marco Emanuele
liberamente tratto da Carlo Goldoni e Mark Ravenhill
per soprano, baritono, violoncello
e orchestra d'archi
Prima esecuzione: Sala convegni dell'ATC, Torino, 6 novembre 2015
Marina Degrassi, soprano I Musici di San Grato
Gian Antonio Soldi, baritono
Annikki Aruväli, violoncello
Edoardo Narbona, direttore
Ne Il quartiere fortunato agiscono e cantano due personaggi: la donna e il soldato, ma è come se ci fossero due dimensioni parallele.
La prima dimensione è quella del dialogo, in stile recitativo (voci più violoncello solista): si tratta di un interrogatorio. Ci sono un militare impegnato in un’azione “di pace” in una zona occupata, e una donna del paese occupato, in cui è appena stato deposto il dittatore. La donna, un’intellettuale impegnata che ha partecipato alla propaganda contro la dittatura, viene interrogata dal soldato.
La seconda dimensione è quella dei numeri musicali, arie e duetti cantati dai due personaggi, che raccontano una vicenda diversa, il cui testo è cavato dall’intermezzo omonimo di Carlo Goldoni (1744).
Ho inserito le arie e i duetti dell’intermezzo in funzione straniante: anche nel testo di Goldoni si racconta di una donna vedova e di un soldato che “occupa” la sua casa, stanziandovi il proprio quartiere militare, come era uso in Italia nel corso delle guerre del Settecento e fino alla I guerra mondiale. Tra i due ci sono schermaglie amorose e la donna a un certo punto vuol mostrare la propria competenza nel fare il soldato.
Nella mia opera, la dimensione cantabile e leggera dei brani musicali, sullo stile della Figlia del reggimento di Donizetti, o della Grande Duchesse de Gerolstein di Offenbach, per citare due opere dell’Ottocento ambientate in contesto militare, contrasta con la situazione sempre più tesa e violenta del dialogo tra il soldato e la donna: anch’essa vedova, come quella di Goldoni, all’inizio si rifiuta di parlare, ma poi prende voce, fa sentire le proprie ragioni. Non capita quasi mai di sentire la voce degli abitanti dei territori “liberati”. Ad essi viene tuttora, sistematicamente, anche solo in senso simbolico, tagliata la lingua.
Per la prima parte mi sono ispirato a un atto unico del drammaturgo inglese contemporaneo Mark Ravenhill (nato nel 1966), che si intitola Crime and Punishment: delitto e castigo. Fa parte di un lungo e articolato ciclo “epico” di 16 atti unici a due personaggi, il cui tema unificante è la denuncia delle violenze e delle guerre odierne: il riferimento diretto è all’Iraq, all’Afghanistan o ad altri scenari del Medio Oriente. Il titolo del ciclo è: Shoot/Get Treasure/Repeat – Spara/Trova il tesoro/Ripeti, un titolo da videogame - ed è stato rappresentato per la prima volta a Edimburgo nel 2007.
Si capisce che il militare che interroga la donna e la sottopone a violenza psicologica, e poi fisica, è un militare dell’Onu o specificamente nordamericano. Nel mio testo diventa italiano: d’altra parte sono ben 25 le missioni “peace keeping”, o “peace enforcing”, in cui l’Italia è attualmente impegnata, con 9153 soldati all’estero - secondo i dati recenti dell’Onu.